"Corpo celeste"

di Alice Rohrwacher. Con Salvatore Cantalupo, Anita Caprioli, Renato Carpentieri. Italia 2011. 98'

E' la storia di formazione di una ragazzina cresciuta in Svizzera che torna a vivere con la madre in una Calabria sospesa tra modernità e  tradizioni arcaiche. Vivrà con grande inquietudine questo nuovo universo sconosciuto e pieno di contraddizioni. La frequentazione della parrocchia non riuscirà a darle risposte, ma la aiuterà a cercare la sua vita.

mercoledì 20 novembre 2013 - ore 18.00 e 21.00

3 commenti:

  1. Ciao a tutti, premetto che questo è un commento a caldo perché il film di ieri sera mi ha lasciato senza fiato, tanta è la desolazione e la solitudine che comunica. Vi è una desolazione urbana e sociale che è evidente ma vi è soprattutto un vuoto familiare e comunitario che lascia Marta quasi completamente indifesa, non ascoltata e non vista. Unica figura in certi momenti protettiva per Marta è la madre, che tuttavia è spesso assente e sembra non preoccuparsi troppo di lei. Credo che in diversi punti del film abbiamo pensato che a Marta potesse succedere il peggio, come buttarsi, annegare o venire aggredita. In questo quadro, la comunità cristiana e il suo clero sono coerenti con lo sfondo: connivenze politiche, una religiosità quasi magica, una ritualità fine a se stessa. Si stagliano tuttavia su questa rappresentazione due “corpi” che hanno anche un cromatismo diverso rispetto a tutto il resto: il giovane corpo di Marta e quello del crocefisso abbandonato. Grazie anche al contrasto con questo sfondo, questi due elementi assumono una potenza rappresentativa straordinaria. Il corpo di Marta appare acerbo e puro; lei è una bambina che sta divenendo ragazza che guarda il mondo con innocenza e pietà. Esprime una pietà che manifesta tanto verso i gattini quanto per quel crocefisso in cui riconosce intuitivamente una vicinanza esistenziale. La scena del dialogo di Marta con il sacerdote anziano e la sua pietas verso il Cristo, è di quelle che non si dimenticano! E’ in questo Cristo e nel sacerdote che lo racconta come un profeta solitario che emerge nel film la sfida e la forza dell’essere cristiani. Film duro che valeva la pena vedere.

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  2. Ciao, vi avviso che ho inserito nella pagina Recensioni il commento di Enzo Riccò al film; buona lettura

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  3. Premetto che il film non mi è piaciuto: troppe le tematiche messe in cantiere (il disagio adolescenziale di un corpo in crescita, l'inadeguatezza della formazione religiosa, la superficialità di una religiosità tradizionale che non incide nel vissuto dei singoli) senza entrare nel merito dei veri drammi di una terra abusata a causa della criminalità e della illegalità nelle quali le comunità cristiane sono spesso le vittime e, talvolta, le uniche voci critiche. Gli altri soggetti istituzionali (la politica, la scuola, il lavoro) rimangono sullo sfondo del film, o sono del tutto assenti, impedendo una comprensione realistica dei drammi che una famiglia del sud si trova quotidianamente ad affrontare. Anche la descrizione dell'esperienza religiosa cavalca i cliché di film come il "Fratello sole sorella luna" di Franco Zeffirelli dove, se da una parte si illustra l'accostarsi ingenuo e meravigliato alle "cose religiose" (là in san Francesco, qui nella ragazza adolescente) dall'altro viene contrapposta una pratica stantia, interessata, vuota di contenuti, contaminata da un clero piccino piccino. Non manca neppure l'incontro con il crocifisso ligneo abbandonato e il vecchio prete custode della chiesetta in rovina. Se aggiungiamo il parallelismo fra la cerimonia della cresima dei ragazzi e l'udienza di S.Francesco alla corte di papa Innocenzo II, le scenografie dei due film possono essere tranquillamente accostate in sinossi. La conclusione si risolve (ingenuamente?) nella morale che senza legami, senza regole, senza contesto, senza comunità insomma, la vita sia più autentica (il vecchio assioma: Cristo si, Chiesa no). Eppure, pur evocata, l'esperienza di San Francesco non è stata questa: non è stato davanti al crocefisso di San Damiano che Francesco si è convertito, ma bensì nell'incontro con i poveri, in particolare nell'episodio del bacio al lebroso. Il corpo di Cristo che può suscitare un sentimento religioso non è l'oggetto ligneo ma è il corpo vivente costituito dalla Chiesa, dalla comunità dei credenti. La sfida vera, semmai, è accettare questo corpo martoriato, credere attraverso le contraddizioni e le fragilità di una comunità imperfetta di persone. Questo è il significato del crocifisso e non il rivoluzionario solitario che (ideologicamente) il prete anziano racconta alla ragazzina.

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