"L'amore inatteso"

di Anne Giafferi. Con Eric Caravaca, Arly Jover, Valerie Bonneton. Francia 2010. 90'

La storia di un brillante quarantenne avvocato, felicemente congiunto, che in seguito al colloquio con un insegnante del figlio inizia a frequentare, senza alcuna convinzione, la catechesi di una parrocchia. Dopo la derisione e lo scetticismo iniziale, poco alla volta quegli incontri diventano indispensabili per raggiungere un nuovo equilibrio e una nuova serenità.

mercoledì 30 ottobre 2013 - ore 18.00 e 21.00

11 commenti:

  1. Complimenti per la rassegna cinematografica, molto interessante!
    Ho sentito dire che si può venire al cinema per vedere un film anche senza abbonamento, comprando il singolo biglietto: è vero? E quanto costa?
    Grazie.

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    1. Gent.mi, vi rispondo con un po’ di ritardo per cui mi scuso: è possibile vedere anche un solo film al prezzo del biglietto normale; a presto

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  2. Anche io sarei interessato a vedere solo alcuni film. Soprattutto l'ultimo me ne hanno parlato molto bene. Bravi per l'iniziativa.

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    1. Gent.mi, vi rispondo con un po’ di ritardo per cui mi scuso: è possibile vedere anche un solo film al prezzo del biglietto normale; a presto

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  3. Ciao a tutti, ho trovato il film molto interessante e vi propongo “a caldo” qualche stimolo per aprire il confronto. Il racconto mette in luce un personaggio apparentemente realizzato ma in realtà preso da un’infelicità di cui è sempre più consapevole. Sembra che questa insoddisfazione trovi origine dai suoi rapporti familiari, soprattutto col padre e con il fratello. Che cosa pensate del protagonista? Che cosa lo blocca e lo rende inquieto?
    Un altro aspetto che risulta molto ben rappresentato nel film è l’atteggiamento della società nei confronti dell’essere religiosi, in particolare dell’essere cattolico; mi chiedo se questa fotografia della società francese la trovate appropriata anche per il nostro ambiente. Avete l’impressione che anche in Italia l’essere religiosi sia visto con diffidenza o come un fatto infantile e che alcuni lo nascondano?
    Infine vi chiedo che impressione vi ha fatto il gruppo di catechesi descritto nel film, quali aspetti ha messo in evidenza e che clima ha creato tra i partecipanti? Qual è in altri termini la visione della fede che il film ci presenta? E’ una fede consolatoria ed emotiva, una fede che trasforma, una fede che valorizza l’uomo o si limita a rassicurarlo?

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  4. Aggiungo un altro spunto che mi è venuto in mente, forse perché è un tema che sto “macinando” in questo periodo: non vi pare che questo possa essere anche un film sul perdono? Il protagonista si sforza di superare un torto subito, di riconciliarsi con il fratello, ricevendone solo ulteriori umiliazioni; la sua preghiera di fronte alla statua del Cristo umiliato e schiaffeggiato, può essere la raffigurazione del suo sforzo interiore?
    Buona giornata

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  5. Questo film, da me atteso con interesse, é risultato deludente. Tutto sembra risolversi in un comportamento. Le motivazioni e la stessa esperienza religiosa sono troppo "tirate via" per dare un'idea del travaglio interiore. Esso parrebbe risolto "risolto" dalla partecipazione al gruppo di preghiera, ma non viene descritto in alcun modo il "come". Il protagonista sembra piuttosto sciocco, operando così...

    Cordiali saluti,
    Marco Lodi

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  6. Sì, Antoine appare un po' sciocco... ma forse come tutti noi quando speriamo di essere migliori dei nostri genitori (... e dei nostri fratelli?), quando tentiamo di attuare i nostri buoni propositi, che siamo attratti e spaventati dal coltivare una vita interiore e spirituale e che andiamo in crisi nel cercare le parole e lo sguardo giusto per parlarne...
    Alla fine mi piace questa coppia che tiene.

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  7. E’ vero per certi aspetti il protagonista appare chiuso, goffo e insicuro, ma poi ha un’evoluzione e diviene più capace di reagire e di esprimersi. Penso ad esempio a quella scena in cui esprime al padre tutta la sua amarezza: è assertivo e paziente; alla fine non rompe il rapporto con il padre ma resiste e in parte lo accetta con i suoi limiti (forse lo perdona?).

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  8. A me Antoine ha fatto tenerezza: è un pò goffo, è vero, ma molto umano, insomma "fa quello che può" come molti del resto......quello che mi ha lasciato un pò delusa è che il film aveva forse la pretesa di mostrarci un cambiamento, una crescita dell'interiorità del personaggio e questa secondo me non c'è stata, o forse io non l'ho colta...... ma mi chiedo quali erano i temi della catechesi che ha seguito Antoine? Cosa lo ha così profondamente emozionato, come lui dice nelle ultime battute? E quali cambiamenti porterà nella sua vita e nei rapporti? E' una parte che mi è mancata, ma forse il film vuole essere solo la storia di un seme caduto nell'anima di un uomo....auguriamoci un germoglio.....
    Antonella

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  9. La scelta del genere cinematografico della commedia rispetto quello drammatico risolve la parabola biografica della conversione in una manciata di scene simpatiche allorchè semplicistiche. Probabilmente il libro, dal quale è stata tratta la storia, si sofferma maggiormente sul travaglio interiore del protagonista. Non mi dispiace però la leggerezza narrativa qui adottata, che restituisce una visione godibile e piacevole, a confronto di altre narrazioni più pesanti e, forse, distorcenti. L'immaginario stereotipato della conversione è sovente quello di certa agiografia d'annata: profondi drammi interiori, laceranti dubbi morali e, infine, un ripudiare la vita precedente a favore di una nuova condotta semplice e cristallina. Ma non ci sono anche conversioni "più leggere"? Gente semplice, onesta, con ordinarie difficoltà, simili al protagonista del film, che convertendosi rientra nella medesima normalità, animato soltanto da una convinzione più profonda dovuta alla relazione di fede? Cambia tutto per non cambiare niente, sembra suggerire la morale della pellicola, eppure si è guadagnato quel di più di umanità in grado di restituisce una gioia che si era perduta (anche all'interno del rapporto di coppia). Una riflessione a parte è l'immagine del Cristo sofferente (l'Ecce homo) davanti al quale la regista colloca una delle scene "più religiose" del film. Come mai non il Crocefisso? In una società laicizzata e abulimica verso slogan e messaggi di qualsiasi natura, il crocefisso non riesce più ad essere il veicolo iconico del messaggio evangelico. Non parla più, come invece poteva parlare alla società medievale e rinascimentale, forse perchè troppo scontato o mediaticamente sovraesposto. Allora è il Cristo patiens che forse, nell'ottica del film, è più in grado (simbolicamente) di parlare all'uomo d'oggi: l'uomo inerme e sconfitto, spogliato di qualsiasi pretesa soprannaturale, così vicino alla nostra ordinarietà. Anche la conversione può essere divertente, regalare un sorriso, e la vita, già pesante di suo, sembrare un pò più leggera.

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